
Per qualcuno che odia fare “click click click” su uno smartphone o peggio ancora – un vero computer – iniziare un blog potrebbe sembrare un’impresa contraddittoria. La verità è che odio piuttosto Internet, e i social media mi fanno venire l’ansia, ma mi sento comunque motivato a cercare di raggiungere le persone e, che mi piaccia o no, di questi tempi “raggiungere le persone” coinvolge per forza Internet in un modo o nell’altro.
Le mie motivazioni per iniziare questo blog e per voler raggiungere le persone su Internet sono abbastanza semplici: prima di tutto voglio incoraggiare quanta più gente possibile a “staccare la spina” dai propri telefoni e lasciare la bolla del loro Wi-Fi, per uscire all’aperto e per sperimentare con la natura. Inotre, perché sono convinto che la nostra società sia totalmente insostenibile e che le persone debbano interessarsi urgentemente di imparare ad essere più autosufficienti. L’ironia di usare Internet per spargere questo messaggio non mi è sfuggita, ma spero che mi perdonerete la contraddizione.
La mia storia
(o “come ho comprato una fattoria senza aver mai messo piede in una”)
Siamo una coppia gay, una coppia di ragazzi di città, un secchione appassionato di computer e un accademico specializzato in letteratura che, come molti dei nostri amici millennial mangiatori di avocado, sono rimasti delusi dalle vite che ci venivano offerte. Vite sprecate, trascorse a scrollare su Facebook seduti in una scatola di appartamento in affitto, contratti a zero ore, prestiti con anticipo sullo stipendio e debito studentesco, il tutto ambientato tristemente sopra uno sfondo di catastrofi apocalittiche nazionali e globali: la morte del sistema sanitario nazionale, la crisi finanziaria, l’esodo dei rifugiati, la furia selvaggia del cambiamento climatico e la grande truffa della Brexit, solo per citarne alcuni. Sapevo in ogni fibra del mio essere che la società, la civiltà a cui appartenevo e alla quale dovevo la mia continua sopravvivenza, si stava sgretolando rapidamente. Non mi ci è voluto molto per convincere il mio partner che dovevamo fare un serio cambiamento.
Avendo perso la fiducia che il sistema si prenderà cura di me a lungo termine, stavo cercando soluzioni che mi permettessero di vivere uno stile di vita più libero, più naturale e autosufficiente. Volevo dormire meglio, mangiare in modo più pulito ed essere coinvolto nel processo per mantenermi in vita. In sostanza, quello che stavo cercando era uno stile di vita che mi permettesse di essere un essere umano libero, parte della terra e dei suoi cicli, padrone del mio tempo, parte del paesaggio.
È stato allora che ho iniziato a istruirmi su piante e giardinaggio. Ho studiato scienze delle piante con la Royal Horticultural Society, avevo oltre un centinaio di piante esotiche da appartamento e un minuscolo balcone che ho trasformato in una serra tropicale. Ho cancellato tutti i miei account sui social media, ho preso il controllo delle mie pazze finanze e ho iniziato ad allenarmi con un personal trainer. È stato un ottimo inizio, certo, ma non è stato sufficiente: ho sentito la crisi incombente tutt’intorno a me, ho notato che i miei amici e vicini perdevano salute e felicità lentamente, ma in modo molto evidente. Sembrava esserci una cronica mancanza di speranza e positività per il futuro. Ho iniziato a prepararmi, ad accumulare provviste come cibo e attrezzature di primo soccorso. Ho capito subito che il semplice acquisto di cose non sarebbe stato sufficiente per prepararmi al collasso che ero convinto sarebbe arrivato. Con il tempo ho capito che la vera autosufficienza doveva essere olistica: per essere giusta per me doveva incorporare tutte le cose che apprezzavo, come la natura, i cibi e l’ambiente naturale privi di sostanze chimiche, una buona salute e un sistema di cura del corpo basato sull’anima, resilienza e sostenibilità, libertà personale e ideologica e libero controllo sui mezzi della mia sopravvivenza.
La mia scoperta della permacultura era una questione di tempo, e assolutamente necessaria. Un sistema attraverso il quale l’animale umano può vivere in equilibrio con il luogo in cui si trova, per sfruttare ma rispettare la natura, per lavorare con il ciclo delle stagioni, per produrre cibo e medicinali senza sostanze chimiche e senza un eccessivo affidamento sul globale flusso di petrolio e prodotti petroliferi. Vivere a lungo con quello che si ha, senza esaurire le risorse, ma invece rifornirle continuamente. La permacultura mi ha insegnato che l’animale umano può essere una forza positiva per il bene dell’ambiente, non solo uno sfruttatore, non un distruttore o un inquinatore ma un guardiano, un amico, un membro della famiglia.
Dopo di che, il risultato finale è stato quasi del tutto inevitabile: ho deciso di tornare alla terra, e così abbiamo iniziato la nostra ricerca di un posto nel mondo dove avremmo potuto vivere una vita più all’aria aperta, una vita con aria pulita, con spazio per un orto (e un giardino), con spazio per crescere noi stessi e la nostra famiglia.

Come siamo finiti con un oliveto abbandonato di tre ettari, in cima a una montagna spagnola, con una casa senza tetto, non sarò mai veramente in grado di spiegarlo, ma potrebbe avere qualcosa a che fare con il costo. Vedete, abbiamo imparato velocemente che i paradisi della natura bucolici costano un sacco di soldi e noi due, laureati in teologia come eravamo, non avevamo quel tipo di denaro. Fra tutte le variabili di tutte le diverse opzioni che abbiamo esaminato, abbiamo deciso, per vari motivi (alcuni dei quali sono del tutto ingenui e inspiegabili), di comprare una proprietà selvaggia e remota senza alcun collegamento alla rete idrica o elettrica, senza una casa vivibile, senza una strada di accesso affidabile, senza altri esseri umani per molti chilometri e senza nemmeno un frammento di segnale cellulare o connessione Internet. Solo due ragazzi, tre cani, una tenda e alcune idee piuttosto folli – in pieno inverno.
Mentre stavamo nel fango profondo fino alle caviglie per esaminare il nostro regno da 14.000 euro, non è stato senza ironia che abbiamo dichiarato “la chiameremo la Freedom Farm” (la fattoria della libertà).
Questo blog parla di quello che è successo dopo (e perché dovresti farlo anche tu).

Un commento su “Come è iniziata la Freedom Farm”
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Thank you for your sharing. I am worried that I lack creative ideas. It is your article that makes me full of hope. Thank you. But, I have a question, can you help me?